« L’Italia ha bisogno di un nuovo Risorgimento »
Non sono un’economista, ciò malgrado ho il mio punto di vista e le mie opinioni sull’attuale crisi italiana e europea. Sono, peraltro, convinta che non sia necessario essere in possesso di una laurea in economia per capire cosa sta succedendo in Italia, in Europa e nel Mondo. L’Italia è ogni giorno di più un Paese straziato da una forma di cultura sovrapposta e imposta dall’esterno, incompatibile con la natura stessa dei suoi geni e dei suoi talenti che la spinge verso il sottosviluppo materiale e umano. Inoltre, l’amore che porto al progetto di unione europea, alla realizzazione del quale ho dedicato tutta la mia esistenza, mi fa temere che questo progetto, quello originario, non verrà mai alla luce finché l’Europa sarà sotto il dominio delle élites mondiali dell’economia e della finanza, annidate sulle alture di Wall Street, delle lobbies dei fabricanti d’armi e delle multinazionali.
L’Italia sta andando alla rovina, in tutti i sensi, perché ha accettato di adottare, in parte, ben prima dell’arrivo del Governo tecnico di Mario Monti, un modello economico e sociale in antitesi con i suoi valori e le sue specifiche, intrinseche, potenzialità. L’Italia ha accettato di promuovere, nelle Scuole, nelle Università e fino nel cuore della Pubblica Amministrazione, al dilà di ogni buon senso, una sola lingua, l’inglese, matrice e veicolo di questo modello, e una sola cultura quella del pensiero unico dominante. Questo modello culturale, economico e sociale, non calza con le realtà del nostro Paese, con le sue naturali inclinazioni, con i suoi talenti, con le sue tradizioni e con le sue innate, autentiche, capacità anche e soprattutto quelle strettamente legate al territorio, alla sua posizione geografica, al suo patrimonio artistico e culturale, che sono tante e multiformi e che si stanno sperperando irresponsabilmente. L’Italia può vivere, crescere e prosperare, nella sua più naturale dimensione, valorizzando la sua cultura, l’artigianato e il turismo, l’agricoltura di origine locale e di prossimità, basta solo una visione diversa e più sana del benessere, la messa al bando della corruzione e delle lobbies con il loro ruolo falsificatore e una ineccepibile organizzazione.
L’assurdo mito del pareggio di bilancio o, anche, quello di una crescita dipendente da investimenti esterni, che non tengono conto del prezzo da far pagare ai cittadini più vulnerabili e alle vive potenzialità del Paese, le politiche di privatizzazione che sottraggono allo Stato prerogative e responsabilità istituzionali, quelle di automazione che rubano posti di lavoro e inaridiscono drammaticamente il tessuto sociale, l’arroganza delle grandi imprese industriali, l’ingerenza delle multinazionali della produzione e della iniqua, perniciosa, distribuzione, delle élites mondiali dell’economia e della finanza e di coloro che rappresentano i loro interessi, mostrano molto chiaramente che la gestione dello Stato, in Italia, e in molti Paesi d’Europa, è sfuggita di mano a coloro che ci governano, senza distinzione tra destra e sinistra. Queste realtà indicano che non è più il cittadino e il suo benessere materiale, morale e spirituale oggetto centrale dell’attività di Governo ma l’economia, alla quale il cittadino risulta assoggettato, è lo “spread” questo mostro che incombe sugli organi d’informazione di massa di cui la grande maggioranza dei cittadini non comprende il significato. Il cittadino è ormai asservito a un’economia dominata dalla finanza, dalle speculazioni e dai giochi di potere che non dovrebbe avere spazio in Paesi di antica civiltà come l’Italia e gli altri Paesi europei.
In questo contesto non si può trascurare il fatto che, dalla seconda Guerra Mondiale in poi, l’Italia non ha mai più ritrovato la sua indipendenza e sovranità. Al contrario, se ne deve tenere il dovuto conto, non certo per ubbidire alla cieca ma per mettere in atto opportune strategie e parare i colpi. Gli Italiani, in particolare le aurorità, gli intellettuali, gli organi di stampa, a tutti i livelli e senza distinzione di bordo politico, non hanno mai voluto ammettere apertamente questa incresciosa situazione, lasciandoci credere di essere un Paese libero e indipendente, la qual cosa è stata un gravissimo errore che ci ha impedito di creare in tempo gli anticorpi. Tuttavia, se l’obnubilamento era possibile durante i primi anni del dopoguerra con tutte le forze politiche tradizionali, di stampo italiano, sul posto, oggi non è più possibile, la cruda realtà è sotto gli occhi di tutti. L’Italia è un Paese occupato. La situazione è fin troppo chiara, oggi, in Italia, abbiamo, non solo, uomini e schieramenti politici favorevoli a un allineamento cieco e irriducibile sulle posizioni statunitensi ma, soprattutto, uomini politici creati di sana pianta e imposti sulla scena politica per salvaguardare interessi estranei, partiti politici ad hoc o infiltrati.
La storia dell’Italia degli ultimi sessantacinque anni dovrebbe essere oggetto di un esame approfondito e di seria riflessione al fine di tirare le conclusioni sul da farsi. Se Berlusconi, che dispone di risorse personali importanti, ha potuto, fino ad un certo punto, permettersi degli scarti (accordi e relazioni privilegiate con Russia e Libia) comunque pagati a caro prezzo, un politico qualsiasi, nella situazione di servitù dell’Italia si trova, obiettivamente, a disagio per governare nell’interesse del Paese e degli Italiani. Non si possono dimenticare gli incidenti di percorso che sono costati la vita, e molto di più, ai dissidenti, da Mattei a Moro, a Craxi, a Pasolini e a innumerevoli altri militi ignoti. Se l’Italia è ancora un Paese, vale a dire una Nazione e uno Stato, non solo l’uno dei due, degno di questo nome, dovrebbe cominciare a pensare a una revisione degli accordi di pace della seconda Guerra Mondiale, seguiti ad una resa senza condizioni.
Abbiamo perso la guerra e abbiamo pagato, lasciandoci invadere, militarmente, commercialmente, culturalmente e totalmente, per sessantacinque lunghissimi anni. Abbiamo smantellato e distrutto il nostro modello di formazione del cittadino che, con la Pubblica Istruzione, e indipendentemente dall’estrazione sociale, puntava alla formazione delle élites, intellettuali, politiche, amministrative e anche artigianali, a partire dall’insieme dei cittadini in età scolastica. Élites delle quali qualsiasi Paese al Mondo ha bisogno per esistere. Sotto la pressione di organizzazioni internazionali incompetenti a nostro riguardo, quanto a genio e identità, orientate sul modello unico per tutti, abbiamo lasciato snaturare il nostro modello culturale, di educazione e di formazione, legato all’origine dell’immenso patrimonio artistico del nostro Paese, retaggio di millenni di convivenza su questo lembo di Terra benedetto da Dio che è l’Italia. Con lo smantellamento e l’appiattimento della Pubblica Istruzione sul modello unico promosso dalle organizzazioni internazionali, oggi le scuole di élites sono solo per i figli dei ricchi. Abbiamo sacrificato il nostro modello sociale creando insicurezza e instabilità, inquinando l’humus nel quale affondano le radici della famiglia, abbiamo sbaragliato l’agricultura e l’artigianato, stiamo privatizzando tutto, stiamo trasformando tutti i nostri spazi in luoghi dove il materialismo regna sovrano, un Mondo invivibile. Finiamola, una volta per tutte, di essere prigionieri di una guerra perduta, affranchiamoci. Torniamo a pianificare un Mondo a nostra immagine, a dimensione umana.
L’Italia e l’Europa sono in uno stato di urgenza, quello di ricollocare al centro delle loro attività di governo il cittadino, i suoi valori, i suoi ideali, le sue necessità, il suo sviluppo armonioso sul piano umano, morale, intellettuale e spirituale. L’Italia, in particolare, deve tagliare i ponti con i colonizzatori del pianeta e con certe organizzazioni internazionali che, sebbene nate con nobili obiettivi, si sono trasformate in pericolosi marchingegni. L’Italia deve usare un’estrema prudenza e una grande oculatezza nell’accettare di partecipare alle costosissime (in termini economici ed umani) “missioni di pace”, l’Italia deve tornare a dei sistemi economici rigorosamente controllabili, dal volto umano, al servizio dello Stato e del cittadino.
In particolare per quanto concerne le cosiddette “missioni di pace”, che squilibrano i
bilanci dello Stato e rubano il pane alle famiglie e ai cittadini più vulnerabili, va detto e affermato con forza che la democrazia non può essere esportata e imposta con le bombe, i carri armati e le stragi di civili. La democrazia deve essere conquistata, a furor di popolo, in prima persona e sotto l’esclusiva responsabilità di coloro che la reclamano e ne sono i destinatari. In caso contrario, la sua messa in opera è un’impostura e non fa che creare Stati fantocci al servizio dei colonizzatori.
I cittadini italiani sono stanchi di essere presi per degli stupidi e degli incompetenti. L’Italia ha bisogno di una nuova e diversa classe politica, una classe politica non asservita alla globalizzazione, alle sue scelte e ai suoi interessi, che prenda le distanze dalla cosiddetta “Comunità internazionale” e si occupi in priorità dei valori, delle risorse e degli interessi del nostro Paese e del popolo sovrano.
L’Italia ha bisogno di un nuovo Risorgimento, tutti dobbiamo rimboccarci le maniche per prepararlo e tradurlo in realtà.
Anna Maria Campogrande
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