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Langues d'Europe

Lettera a Romano Prodi, Presidente della Commissione Europea

Prof. Romano Prodi
Presidente della Commissione Europea

Signor Presidente,

E' la terza volta, dal Suo insediamento come Presidente della Commissione Europea, che mi rivolgo a Lei cercando di attirare la Sua attenzione sulla gravità della situazione linguistica, e ormai anche culturale, in seno ai servizi della Commissione che Lei presiede. Mi permetto di insistere, nonostante il fatto che le mie precedenti lettere non abbiano avuto alcun riscontro, perché Lei è colui che, in seno alla Commissione e di fronte all'opinione pubblica europea, porta la responsabilità di questa deriva.

Nella mia qualità di funzionaria europea ma anche di semplice cittadina italiana, locutrice di una delle più importanti e delle più discriminate lingue comunitarie, le scrivo oggi per informarLa di un fatto grave e chiederLe il Suo autorevole intervento.

Su iniziativa di un gruppo di funzionari europei e dell’Observatoire International de la Langue Française  (OILF), sostenuti e spinti da numerose associazioni e istanze della società civile, per la promozione e la difesa delle lingue degli Stati Membri, la Commissione aveva acconsentito a finanziare e coordinare la tenuta di un "Colloquio  sul multilinguismo nelle istituzioni Europee e in Europa". Allo scopo di preparare questo colloquio, le cui date erano state fissate per il 5 e 6 Maggio 2003,  la Commissione ha proposto, alle parti interessate, di tenere una riunione preparatoria, o pre-colloquio,  al fine di identificare le questioni che si pongono e i temi da trattare nell'ambito del Colloquio stesso. Tale riunione ha avuto luogo il 27 e 28 Gennaio 2003, con la partecipazione di esperti degli Stati Membri, significativamente rappresentati da personalità di alto livello, ed è stata un vero successo, in termini di contributo intellettuale e di riflessione sui legami tra lingua e cultura e tra cultura e potere economico.  In questo contesto, gli esperti si sono pronunciati a grande maggioranza per un multilinguismo effettivo, in seno alle istituzioni europee e in Europa,  in quanto pilastro dell'identità europea e incarnazione concreta della sua creatività.

Già durante il montaggio della riunione preparatoria, sono cominciate a circolare voci insistenti dei ben Informati, all’esterno delle istituzioni, secondo le quali il Colloquio non si sarebbe mai fatto.In seno al “Comité de Pilotage” predisposto per l’organizzazione del Colloquio e del pre-colloquio, ho dovuto subire personalmente pressioni, minacce e intimidazioni, da parte di certe forze dominanti, ogni qualvolta ho tentato di far valere l’importanza dell’italiano e la necessità della messa a punto di parametri obiettivi per l’uso delle lingue, basati sulla popolazione e sui criteri di rappresentatività in uso nelle istituzioni europee.

In effetti, a dispetto del successo ottenuto dalla riunione preparatoria, la Commissione ha deciso di non tenere il Colloquio previsto e di mettere tutto a tacere venendo a mancare, in tal modo, non solo all'impegno preso nei confronti degli esperti e della società civile, ma a una delle sue prerogative istituzionali, quella di identificare l'interesse generale e fare proposte per salvaguardarlo e renderlo vigente.

Il punto fondamentale in questa faccenda delle lingue è che, nel contesto delle istituzioni europee, non ci troviamo a operare a livello internazionale, come molti purtroppo ancora credono, ma a livello interno là dove gli attori non sono le istanze diplomatiche ma I cittadini europei stessi, destinatari di disposizioni, regolamenti, politiche che li coinvolgono direttamente. Per questa ragione, risulta indispensabile trovare un equilibrio tra lingue e popolazione, allo scopo di soddisfare il più gran numero di cittadini con l’uso corrente di un numero adeguato di lingue e cercare al contempo soluzioni alternative per le lingue meno usate, quali programmi “ad hoc”  e altre facilità. La Commissione non può continuare a imporre un sistema linguistico che lascia scoperto più del 90°/° dei cittadini europei e per questo, mi permetto di chiederLe, Signor Presidente, la tenuta del Colloquio nei termini previsti.

E’ possibile, necessario e urgente trovare un sistema che lasci un margine massimo del 5°/° della popolazione con un minimo di lingue effettivamente operanti e con adeguati compensi per le altre lingue.

Lei non può permettere, Signor Presidente, che siano messe a tacere le voci che si levano dalla società civile dei diversi Paesi europei. La questione linguistica deve essere affrontata e risolta su una base democratica, ispirandosi alla rappresentatività di ogni Stato Membro, nel rispetto di tutte le lingue ufficiali e in un’ottica di dialogo, di solidarietà e di corresponsabilità.

La lingua unica che ci viene imposta “de facto” non è una soluzione, è la messa in opera  di una società duale sulla base della lingua, è la nascita dell’Europa dell’esclusione, è una dichiarazione di guerra contro I popoli europei e contro la loro cultura millenaria. Lei non può permettere tutto ciò perché il rischio che incombe su questa impostura è, a termine, la balcanizzazione dell’Europa.

Le folle che oggi protestano contro l'imperialismo anglo-americano in tutte le piazze e le strade d'Europa non sanno ancora che la Commissione Europea favorisce, nel suo seno, una delle forme più pericolose e anti-democratiche di questo imperialismo quello della lingua e della cultura, con metodologie non dichiarate ma evidenti. Se la Commissione continua ad ignorare il problema linguistico e culturale e non ne fa, di tutta urgenza, una priorità politica, c'è il rischio che queste manifestazioni di insofferenza vengano rivolte, in seguito, contro le istituzioni europee.

I Paesi Europei non sono le nuove colonie di lusso del potere militare e economico dominante, L’Europa deve darsi l’opportunità di esistere pienamente, i cittadini europei non possono accettare questa egemonia linguistica e culturale, questo sovvertimento di valori. Noi siamo gli eredi della civiltà dell'amore, che il Papa da Roma non ha tregua di ricordare, nostro compito è realizzarla con tutti i mezzi di cui disponiamo e anzitutto mediante il rispetto e la riconoscenza reciproca dei nostri valori e della nostra cultura.

Voglia gradire, Signor Presidente, l’espressione della mia più alta stima e devozione,

Anna Maria Campogrande

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