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“Cicero pro domo sua” Il Multilinguismo del Commissario Leonard Orban e dei suoi predecessori.

Il Membro della Commissione Europea responsabile del Multilinguismo, il rumeno Leonard Orban continua l’opera di colonizzazione linguistica e culturale dell’Europa comunitaria, iniziata in grande stile dal britannico Neil Kinnock, e la perfeziona arricchendola di nuove sfaccettature, tutte opportunamente studiate per flagellare le grandi lingue di cultura dell’Europa tra le quali l’italiano occupa uno posto di primo piano, in tutti i sensi.

Il grande colonizzatore dell’Europa comunitaria che è stato Neil Kinnock, Commissario e poi Vice-Presidente della Commissione Europea, nei suoi nove anni di presenza a Bruxelles ha lasciato una Commissione stravolta dalle fondamenta, non solo dal punto di vista della pratica linguistica ma anche da quello della cultura amministrativa.

Il Commissario britannico, che insieme alla moglie, parlamentare europeo, e al figlio Direttore facente funzione del British Council a Bruxelles, ha costituito un vero e proprio gruppo di pressione per l’imposizione della lingua e della cultura anglosassoni, in seno alle istituzioni europee, ha disposto di enormi poteri per portare a termine l’opera di anglicizazione dell’Europa, è stato infatti responsabile del Personale e dell’Amministrazione, dei Servizi Linguistici e del settore informatico.  Mai nessuno prima di lui aveva aveva disposto dell’insieme di queste competenze e mai nessuno prima, in seno alla Commissione, aveva tratto tanti vantaggi per il proprio Paese dai settori di propria competenza.

Il lavoro è stato talmente ben fatto che ha superato le aspettative a un punto tale che al suo ritorno in patria Neil Kinnock, non solo è stato nominato Presidente del British Council ma è stato fatto baronetto dalla sua graziosa Maestà.

Il peggio è che i successori di Sir Neil, prima Jàn Figel e attualmente Leonard Orban, sotto l’influenza delle strategie del British Council, in opera a tutto raggio in seno ai servizi della Commissione, ne seguono le orme senza porsi domande. Infatti, invece di darsi da fare a ricostituire i servizi linguistici smantellati e, in parte, esternalizzati, a mettere in funzione un sistema informatico degno di una Comunità multilingue, a predisporre e ad esigere un’informazione plurilingue per i cittadini europei, una comunicazione che sia in grado di raggiungerli e di coinvolgerli nel progetto di integrazione dell’Europa, invece di preoccuparsi di rivedere la legittimità nella scelta delle lingue di procedura, la legalità e l’efficacità del sistema linguistico applicato ai concorsi per l’assunzione di funzionari che si fanno in sole tre lingue, la qualità dei testi originali che diventano sempre più scadenti perché sempre meno funzionari sono autorizzati a redigere nella propria lingua e neanche in quella che conoscono meglio, i signori Commissari perdono tempo, vanno fuori dal seminato e si occupano in priorità di questioni secondarie.

Tralasciando, per il momento, le “Raccomandazioni” e le “Comunicazioni” della Commissione, in materia di multilinguismo, sulle quali torneremo in seguito, limitandoci semplicemente al vaglio della creazione di gruppi di lavoro e di riflessione sul multilinguismo non possiamo che constatare la deriva della Commissione nell’affrontare la questione linguistica e l’assenza totale di un’ottica “europea” e “comunitaria” nell’approccio alle lingue e alla cultura. In questo ambito, non sarà mai detto abbastanza e abbastanza forte che le sole lingue che costituiscono materia comunitaria e che, per questo, il loro rispetto e la loro salvaguardia cadono sotto la responsabilità della Commissione e delle altre istituzioni, sono le lingue ufficiali degli Stati Membri della Comunità Europea.

Questo dato di fatto, di fondamentale importanza, risulta del tutto estraneo alle azioni prioritarie del Commissario Leonard Orban, il quale, a fine giugno, ha riunito e presieduto un gruppo di intellettuali e di esperti del multilinguismo cosí costituito:

Amin Maalouf di  nazionalità libanese e francese, Jens Christian Grøndahl di nazionalità danese, David Green di nazionalità inglese, eminente membro dell’onnipotente e onnipresente British Council, Jacques De Decker di nazionalità belga, Sandra Pralong di nazionalità rumena e americana, Jutta Limbach di nazionalità tedesca, Eduardo Lourenço di nazionalità portoghese, TAHAR BEN JELLOUN di nazionalità marocchina, Jan Sokol di nazionalità ceca, Jorge Semprun di nazionalità spagnola.

Questo gruppo dovrebbe fare delle proposte alla Commissione Europea quanto al ruolo delle lingue nel rafforzamento del dialogo interculturale.

Non risulta chiaro il perché, in seno a questo gruppo di intellettuali, un grande Paese come l’Italia membro, fondatore della Comunità europea, brilli per la sua assenza, perché la Francia sia presente solo di sguincio, attraverso un cittadino libanese con doppia nazionalità, non sono chiari i criteri sulla base dei quali la Commissione ha scelto gli esperti e di quale dialogo interculturale si tratti, questioni di fondamentale importanza alle quali il Commissario Orban non ha consentito rispondere, nonostante una precisa richiesta da parte di Athena. Il punto chiave, tuttavia, risiede nel fatto che, se si tratta del dialogo interculturale tra gli Stati Membri dell’Unione, non si vede che cosa ci stiano a fare, gli esperti libanesi, marocchini e addirittura di nazionalità americana, mentre, se si tratta del dialogo interculturale con i Paesi Terzi, ci si chiede perché la Commissione, che lamenta costantemente la mancanza di risorse finanziarie per il multilinguismo, al quale non si consacrano più di due Euro all’anno pro capite, spreca il denaro pubblico non già per un multilinguismo in favore del cittadino europeo ma per un dialogo interculturale con altre regioni del mondo che potrebbe permettersi solo se avesse risolto il problema del multilinguismo e del dialogo all’interno della Comunità Europea e avesse assicurato il rispetto e la salvaguardia delle lingue ufficiali degli Stati Membri, obiettivi ben lontani da un’attuazione anche appena accettabile.

Più recentemente, il 19 e 20 Settembre, il Commissario  Orban ha organizzato una  conferenza sulle lingue nel settore imprenditoriale e, ancora una volta, non solo, l’Italia non aveva alcun ruolo di rilievo, com’era il caso per gli altri grandi Paesi quali Francia, Germania e Regno Unito, ma, al colmo della disinvoltura nei confronti dell’Italia, invece di fare il Comunicato Stampa nelle lingue dei quattro grandi Stati Membri dell’Unione, Leonard Orban, al posto dell’italiano, ha messo il rumeno, come se non fosse l’italiano una delle grandi lingue di cultura dell’Europa. Forse il Commissario per il multilinguismo tende a dimenticare, che in seno alla Commissione, egli non rappresenta il proprio Paese ma l’interesse generale dell’Europa.

Anna Maria Campogrande
Presidente di Athena